La Certosa che si fece castello dei Savoia

La piccola Versailles delle Alpi del mare

La chiamano la piccola Versailles delle terre alte. E’ la reggia di Valcasotto: incastonata tra i castagni di una valle che sa già di mare, qui si è fatto un pezzo della storia d’Italia , si sono consumate imponenti battute di caccia, si è consolidato l’amore leggendario tra il re e Rosa Vercellana, ribattezzata dal popolo la “bela Rosin”.

Ed è pure spuntato un fantasma. Ogni castello che si rispetti ne ha uno: quello di Valcasotto è legato al dipinto la “Dama in fiero”, attribuito al Van Dyck. Si narra che questa cupa dama, attualmente non esposta nelle stanze del castello perché in restauro, scendesse dalla sua cornice per predire alla famiglia reale sventure familiari e politiche.
Prima di essere il castello tanto amato dai Savoia, la reggia di Valcasotto ospitò una certosa.

La prima in Italia fondata nel Mille, si dice, dallo stesso San Bruno che incoraggiò alcuni confratelli eremiti a fondare il nucleo originario dei certosini: in principio vivevano in otto piccole capanne, da cui forse “case-otto” cioè Casotto. Solo nel 1800, dopo le spoliazioni napoleoniche, il complesso fu acquistato dai Savoia e trasformato in castello. Ne seguì un’imponente opera di ricostruzione. Purtroppo i lavori non inclusero il nucleo originario del monastero che, già lungamente provato dal tempo e dai saccheggi, andò presto in rovina.
Fu invece rimessa a nuovo la zona antistante: cappella e foresteria. Il castello rimase proprietà della famiglia reale dall’anno 1837 al 1881. Carlo Alberto fu il primo re a inaugurare il castello di caccia e residenza estiva. Ma chi ne fece effettivamente uso fu il suo successore Vittorio Emanuele II: qui il re galantuomo, amante della natura, della caccia, del buon vino e della vita semplice, trascorreva il suo tempo con la “bela Rosin”, la donna di umili origini che sposò prima religiosamente e poi morganaticamente.

Mentre nel 1858 la principessa Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele, ricevette proprio a Casotto la notizia che doveva andare in sposa a Gerolamo Bonaparte, il cugino di Napoleone III: fu un matrimonio dettato dalla ragion di Stato e voluto da Cavour per ottenere l’alleanza con la Francia nella seconda guerra d’indipendenza.
Del grande complesso restano oggi il corpo centrale e le due ali laterali che circondano il suggestivo cortile porticato affacciato sul fiume. Della parte più antica, quella monastica, appunto restano soltanto alcune tracce e un’attenta campagna di studi che ne ha ricostruito la millenaria storia. Dal 2000 la reggia è di proprietà della Regione Piemonte che ne ha avviato un imponente cantiere di recupero per aprirlo al pubblico.

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Tel.0174351135
E-mail:maura.prato@occelli.it

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